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Citomegalovirus in gravidanza: il contagio e quali terapie seguire

Citomegalovirus in gravidanza: è possibile prevenirlo? Cosa si può fare dopo il contagio? Ci sono oggigiorno terapie efficaci da seguire? Cerchiamo di scoprirlo insieme.

Citomegalovirus in gravidanza, il contagio del feto si può prevenire ma la terapia è poco conosciuta, alle gestanti viene consigliato l’aborto.

L’esperienza di Giada Benetton: la terapia ha salvato mia figlia Isabella. La prevenzione è fondamentale, Osservatorio Malattie Rare mette a disposizione un esperto online per le vostre domande, il Prof. Giovanni Nigro, Direttore della Clinica Pediatrica Universitaria e della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università dell’Aquila.

Oggi come avrete già capito dall’incipit del mio articolo, parliamo di un tema di salute importante e molto delicato, che interessa tutte le donne in gravidanza: l’infezione, la prevenzione e la possibile cura del citomegalovirus in gravidanza. Prima di tutto cos’è il citomegalovirus? E come avviene il contagio? Perchè in certi casi viene addirittura consigliato l’aborto?

Il citomegalovirus è un agente infettivo molto comune, tanto che il 60-80% degli adulti presenta anticorpi anti-CMV. Quali sono i sintomi? I sintomi quando veniamo contagiati da questo virus, sono molto simili a quelli dell’influenza o della mononucleosi e nella maggior parte dei casi l’infezione non ha conseguenze rilevanti, fatta eccezione per tutte le donne in stato gravidico.

In gravidanza, quest’infezione, come alcune altre, è particolarmente rischiosa, una tra le più pericolose in assoluto per la salute del piccolo. Se infatti il virus viene trasmesso al feto nel pancione, il neonato al momento della nascita potrebbe presentare problemi di salute, anche importanti e molto gravi. Il citomegalovirus potrebbe infatti danneggiare il sistema nervoso centrale, e tramite ecografia, il ginecologo potrebbe individuare già malformazioni visibili durante i mesi di attesa; o ancora il virus potrebbe causare ritardo mentale, sordità congenita o corioretinite (una patologia della retina che provoca cecità) nel bambino.

La prevenzione diventa quindi fondamentale in gravidanza. Ma come si evita il contagio? Questo virus si trasmette tramite i fluidi corporei, quindi la prima regola di prevenzione in gravidanza è una corretta igiene, ovvero: lavarsi le mani spesso e bene, evitare il contatto con le secrezioni orali, evitare i rapporti sessuali a rischio; tutti questi piccoli accorgimenti possono prevenire l’infezione.

Il test di screening in gravidanza si deve sempre fare, serve ad individuare il rischio di contrarre il virus o di averlo già contratto, e funziona più o meno come l’esame del sangue per la toxoplasmosi, ovvero cerca di individuare la presenza di anticorpi attivi, e quindi di capire tramite i risultari, se c’è un’eventuale infezione in corso, e di quale entità.

Quando si scopre l’infezione primaria nella maggior parte dei casi viene consigliata l’interruzione di gravidanza, senza nemmeno fare i test di approfondimento. In alcuni casi non viene fatto nemmeno quello che si chiama “test di avidità” (test che permette di sapere se il CMV si è preso almeno tre mesi prima della gravidanza -in quel caso molto meno rischioso per il piccolo- o più di recente).

spiega il Prof. Giovanni Nigro, Direttore della Clinica Pediatrica e della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università dell’Aquila.

Cosa vuol dire in parole semplici? Significa che il consiglio dei medici, potrebbe essere in caso di Citomegalovirus, quello di interrompere una gravidanza. Attenzione, però. Solamente con l’amniocentesi si può poi essere sicuri che l’infezione fetale sia in corso (ovvero che il piccolo abbia realmente preso il virus).

Interrompere una gravidanza prima è solo un modo per aggirare il problema, anche perché il citomegalovirus congenito si può prevenire e, nel caso sia già stato trasmesso al feto, si possono limitare di molto o evitare i danni.

Continua il Dottor Nigro. Secondo il team dell’università dell’Aquila quindi, una cura per questa infezione esisterebbe e consiste nella somministrazione di immunoglobuline specifiche, sostanze che riducono il rischio di trasmissione del virus dalla mamma al piccolo che cresce nell’utero, e nel caso ne fosse già affetto a combattere la malattia.

Cominciando le immunoglobuline già in periodo fetale e continuando il trattamento dopo la nascita, unitamente al trattamento antivirale standard, si possono ridurre al minimo i danni causati da virus, e bloccare il virus stesso. Se questa terapia non viene somministrata il virus rimane attivo, continuando a danneggiare il sistema nervoso del bambino.

Le immunoglobuline specifiche sono però ancora considerate una terapia sperimentale, malgrado le ormai numerose pubblicazioni internazionali, quindi non vengono quasi mai proposte alla donna incinta (sempre secondo le parole dei ricercatori dell’Università dell’Aquila). A volte alle donne con infezione primaria, nei casi in cui una terapia viene almeno tentata offerta in ospedale, vengono somministrate le immunoglobuline non specifiche, meno costose di quelle specifiche ma meno efficaci. Purtroppo, oggi, chi volesse affrontare questa terapia per non incorrere nell’opportunità di un aborto, deve pagarla privatamente ed è molto costosa.

Un’esperienza è quella di Giada Briziarelli Benetton, che ha contratto l’infezione alla sua terza gravidanza e si è sottoposta alla terapia a base di immunoglobuline specifiche a sue spese.

Per fortuna noi potevamo permettercelo ma fin da quell’istante ci siamo resi conto di questa assurdità, ovvero dell’impossibilità, per chi non ha assicurazioni sanitarie o capacità economiche, di poter tentare di salvare la vita del proprio figlio. Mia figlia Isabella aveva contratto il virus e riportava segni evidenti quali un versamento addominale e gli organi addominali fegato e milza gonfi ed una piccola cisti al cervello, per cui, sottoponendomi ad immunoglobuline, mi hanno fatta arrivare alla trentaseiesima settimana per poi praticare un taglio cesareo al fine di togliere la bimba dal liquido amniotico infetto. Dopo la nascita le sono bastati pochi giorni per recuperare, perché aveva delle forti difese contro il virus che le erano state trasmesse con le immunoglobuline che in gravidanza mi erano state somministrate.

Dopo questa esperienza Giada e suo marito Andrea hanno fondato l’associazione AntiCito, per aiutare le famiglie ad affrontare questa malattia e ricordare che l’aborto non è sempre la soluzione: la terapia esiste, anche se poco conosciuta.

Io, mio marito e mia figlia siamo stati, perciò, molto più fortunati di altri perché abbiamo avuto la possibilità di scoprire, tramite medici competenti, che esiste un modo per combattere questo maledetto virus riducendo in grande percentuale le sue capacità nocive. Abbiamo avuto, inoltre, la possibilità economica di usufruire di queste cure. Questo è il motivo che ci ha spinti a costituirequesta Onlus: offrire la stessa opportunità a chi avrà la sfortuna di dover affrontare la medesima odissea, divulgando le conoscenze scientifiche in materia, l’esistenza della possibilità di aiutarsi con cure specifiche e raccogliendo i fondi necessari a sostenere le famiglie che non possono permettersi tali cure. Vogliamo inoltre promuovere la prevenzione e rendere obbligatorio il test di screening in gravidanza, perchè il CMV venga scoperto e trattato immediatamente.

Ora, se qualche altro Professore, ginecologo o professionista esperto del tema vuole rispondere alla tesi del Dottor Nigro, o spiegare più a fondo (in parole comprensibili a tutti) perchè in Italia questa terapia è ancora sperimentale, e perchè si consiglia alle future mamme di abortire, saremo ben lieti di ascoltarlo, di leggere la documentazione e di aggiornare tutte le mamme o le donne in gravidanza che ci stanno leggendo ora. E a proposito di mamme e future mamme, se qualcuna di voi ha avuto un’esperienza personale in questa direzione, e ha il desiderio di condividerla con le altre donne nella medesima situazione, raccontandola alla nostra redazione, vale la stessa regola (scrivete a [email protected]).

Per avere invece maggiori informazioni sull’infezione da citomegalovirus dall’ Osservatorio Malattie Rare, il team di esperti a messo a disposizione il servizio L’esperto risponde, tramite il quale Il Prof. Giovanni Nigro risponderà alle domande dei lettori che si collegheranno alla pagina ufficiale.

Foto | Bravi Bimbi

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