Gravidanza
Mamme da legare: I pro e i contro del parto cesareo programmato
Mia figlia è rimasta comodamente seduta nella mia pancia per tutta la durata della gravidanza.
Guardando il mio stomaco, sostituito temporaneamente da questa testina che ruotava di continuo ricordando una famosa scena di “Alien”, mi chiedevo quando, finalmente, il mio addome avrebbe smesso di ricordare un pupazzo di neve. Attendevo con ansia il momento del cosiddetto ingaggio, che avrebbe dato un po’ di sollievo alla mia digestione e al mio sonno. Ma, a quel punto, non ci siamo mai arrivati.
Dopo aver tentato per una quindicina di giorni la tecnica della moxibustione, che consiste nell’avvicinare una sorta di sigaro di artemisia a un punto preciso del piede (ansia e terrore di essere bruciata), ho capito che la bambina stava bene così. Mi fu proposta più volte la manovra di versione fetale: il primario della città nella quale vivo ha un’ottima fama, e questa manovra viene eseguita di routine e con successo in molti casi. Ma la paura, a volte, per quanto ingiustificata, non si può vincere. Così ho deciso che un cesareo programmato mi avrebbe dato meno ansia di un eventuale anche se improbabile cesareo d’urgenza. In fondo, l’utero è mio e me lo gestisco io…
Mi presento così a diversi incontri con ginecologi e anestesista, faccio le ultime analisi, preparo l’enciclopedico modulo per donare il sangue cordonale e, il giorno prestabilito, mi presento in ospedale abbastanza tranquilla e con tricotomia da manuale. L’intervento è andato benissimo: gli infermieri cercavano di farmi sorridere, l’anestesista era una ragazza che avrà per sempre la mia gratitudine. Non solo perché mi chiedeva di continuo come stavo (è il suo lavoro, tenermi sott’occhio durante l’intervento), ma anche perché c’era passata in prima persona, e aveva quell’attenzione in più, come chiedere se la stazione radio in sottofondo era di mio gradimento (per fortuna! Eros Ramazzotti durante il parto stava compromettendo la bellezza del momento).
La nausea che ho provato durante il parto è stata epica: ho pensato che si potesse morire di nausea. Non so esattamente cosa finisse nelle mie vene ogni volta che lamentavo qualche disturbo, ma funzionava! La bambina è nata poco dopo l’incisione: io ero legata al lettino, ovviamente, e non ho potuto toccarla. Mi veniva in mente la classica scena del bimbo in braccio alla madre appena nato. Bene, col cesareo non potrete farlo. L’ostetrica me l’ha avvicinata al viso il più possibile, e l’ha tenuta così mentre io e la bimba facevamo conoscenza. La poverina era in una posizione assurda, con questo peso tra le braccia e chinata in avanti, ma mi ha regalato i primi istanti di vita di mia figlia sorridendomi sotto la mascherina. Quando hanno portato via quella raganella dagli occhi enormi, è partita la fase “seria” dell’intervento. I medici vi diranno che sentirete pressioni e trazione, ma non è esatto: ci si sente come un cuscino di una volta, cui toglieranno la lana, la allargheranno e la ricacceranno dentro senza troppi riguardi. Ovviamente il dolore è assente! L’anestesia spinale ha fatto effetto in pochissimo, nonostante il mio terrore che incidessero prima del dovuto. Paventavo scene da film dell’orrore che non si sono verificate. Quando l’ho detto all’infermiere siciliano che aiutava l’anestesista laziale nell’anestetizzare me, la paziente campana, lui ha graziosamente iniziato a dire: “Qui sente nulla? E qui?” “Mi scusi, ma mi sta prendendo in giro?” “Le che pensa?” “Penso di sì”.
La neonata l’ho ritrovata ad aspettarmi in camera. Mi avevano detto che stava benissimo (io non osavo chiedere) e che l’avevano data al papà. Li ho trovati in camera, lei sul suo torace, che si sentivano per la prima volta. Il cesareo, inevitabilmente, coinvolge maggiormente il padre: è lui che dà calore al bimbo per la prima volta, e sarà lui a fare il primo bagnetto e a cambiarlo. Invidia… Anche perché tutte le mie conoscenti che hanno avuto un cesareo erano in piedi dopo 24 ore. Io ci ho messo 4 giorni, per vari problemi. Ho cambiato mia figlia per la prima volta dopo 3 giorni, avendo un colpo quando vidi per la prima volta il moncone del cordone. Il secondo giorno riuscii a prenderla in braccio per 20 secondi, il tempo di passarla a una gentile inserviente per evitare di accasciarmi al suolo con lei in braccio. In realtà, la scena non ebbe nulla di drammatico, risultando anzi alquanto comica, con la mia compagna di stanza (pugliese. Viva l’Italia!) che non poteva alzarsi e mi seguiva terrorizzata con lo sguardo, senza riuscire ad aprire bocca.
Alla fine, ho capito una cosa: prima o dopo, il parto si paga. Travagli lunghi e difficili o degenze lunghe e dolorose, sono in poche quelle che la scampano. È vero che, dopo un cesareo, non ti vengono lesinati antidolorifici perché devi rimetterti in piedi, mentre durante il travaglio vorresti una droga qualsiasi. Il lato negativo, però, è il dover aspettare per goderti appieno il contatto fisico con tuo figlio. Quando la attaccavo al seno il mio utero mi dava delle pugnalate cui nemmeno quelle belle flebo piene di chissà che potevano porre rimedio. Sicuramente un cesareo programmato dà più tranquillità a chi è ansiosa, ma vi assicuro che vedere gli altri con vostro figlio in braccio mentre voi non riuscite nemmeno ad alzarvi, e vedere chi ha avuto un parto naturale col bimbo in giro per i corridoi a poche ore dal parto vi costringerà a fare appello a tutto il vostro buonsenso quando vi sentirete mamme un po’ “inutili”. Nel caso dovesse capitarvi, non vi preoccupate: è normale e passerà. E poi i corridoi degli ospedali non sono questa gran cosa, questa necessità di passeggiarci non c’è…
Foto | Flickr