Scuola
Grembiule a scuola: perché Gianni Rodari era contrario
Anche Gianni Rodari era contrario al grembiule a scuola. Perché gli alunni non sono dei soldati in una caserma.
[related layout=”left” permalink=”https://bebeblog.lndo.site/post/215561/scuola-matteo-salvini-propone-il-grembiule-obbligatorio-farebbe-bene-ai-bambini”][/related]Il grembiule a scuola per riportare ordine e disciplina. Come se fosse un grembiule il problema della scuola italiana. A lanciare la proposta durante un comizio a San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, è stato il ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ogni tanto ripropone questo tema, quasi a volerci distrarre da questioni ben più importanti. Per l’Italia e per i nostri ragazzi.
Già qualche tempo fa il ministro dell’istruzione Bussetti aveva ipotizzato un ritorno del grembiule alle scuole medie. Come se ce ne fosse bisogno. A quale scopo? Il leghista ribatte: prima ricorda che è appena stata reintrodotta l’educazione civica a scuola, con modalità che fanno storcere il naso agli esperti. E poi lancia un suo desiderio. Lui vorrebbe
che tornasse anche il grembiule per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l’ha di terza mano perché non può permettersela. Ma sento già chi griderà allo scandalo ed evocherà il duce, ma un paese migliore si costruisce anche con ordine e disciplina.
A rispondergli a distanza di anni è Gianni Rodari, che già ai suoi tempi parlava del grembiule come di una divisa, che serviva solo a nascondere la povertà. Ma quello di cui hanno bisogno i bambini non è che si mascheri la loro condizione. Quello di cui hanno bisogno è che si aiuti loro e le loro famiglie a vivere degnamente.
Nel 1968 sul Corrierino dei piccoli, Gianni Rodari, uno dei più grandi autori di filastrocche e libri per bambini, affrontava il tema del grembiule a scuola. Oggi ripreso da Famiglia Cristiana che dimostra come un grembiule, in realtà, non serva proprio a niente.
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Ho seguito su un grande giornale una piccola polemica. Questa parola deriva dal greco “polemos”, che voleva dire “combattimento”. Ma per fortuna le polemiche giornalistiche si fanno senza bombe atomiche, con la penna o con la macchina per scrivere. Dunque un noto professore di pedagogia (che sarebbe la scienza dell’educazione) si diceva contrario all’obbligo per gli scolari di indossare il grembiulino, col collettino col fiocchettino: la tradizionale uniforme dentro al quale i bambini dovrebbero sentirsi tutti uguali di fronte al maestro, ma che contrasta con la personalità, lo spirito di indipendenza, la libertà dei bambini. Due madri di famiglia gli rispondevano sottolineando i vantaggi del grembiulino: economia, praticità, igiene, impossibilità (per le bambine specialmente di fare sfoggio di vanità. Voglio entrare anch’io nel “combattimento”. Sono armatissimo, perché ho chiesto l’opinione dei maestri che conoscevo. «Se non ci fosse il grembiulino i bambini poveri avrebbero l’umiliazione di mostrare le loro toppe nei pantaloni ai bambini ricchi, vestiti come figurini». Questo ragionamento non mi convince. La povertà va abolita, non nascosta. Bambini con le toppe nei pantaloni non dovrebbero essercene più, ecco tutto. Un altro maestro mi ha detto: «Il grembiulino aiuta la disciplina. Che cosa ne diresti di un esercito senza divisa, un soldato col maglione rosso, un caporale con il gilè a fiorellini?». Nemmeno questo ragionamento mi convince: la scuola non è una caserma. E sulla disciplina bisogna intendersi bene: secondo me una classe non è veramente disciplinata quando ascolta immobile e impassibile le spiegazioni del maestro, pena un brutto voto in condotta, ma quando sta facendo una cosa interessante, così interessante che a nessuno viene in mente di guardare dalla finestra, o di tirare le trecce alle bambine, o di leggere un fumetto sotto il banco. Un grembiule o magari una bella tuta da lavoro, mi sembra indispensabile se si fa giardinaggio, se si usa la macchina per stampare (molte scuole al usano), se si fanno pitture con grandi pennelli, per non sporcarsi. Cioè. Accetto il grembiule dove e quando è utile e necessario. Come simbolo di uguaglianza, disciplina, eccetera non lo capisco. Il fiocco, poi, dà proprio fastidio. In certe scuole lo fanno portare lungo lungo, largo largo. Prima si vede il fiocco poi il bambino che c’è dietro. Ma forse in quelle scuole li fanno scrivere col fiocco invece che con la penna. Senza offesa per nessuno, ho detto la mia. Se non siete d’accordo non tiratemi le pietre: tiratemi i collettini bianchi, che fanno meno male.
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Foto Pixabay