Crescita
Mamme da legare: “Mio” e “no”, le parole preferite a due anni
È sempre bellissimo sentire tuo figlio pronunciare le prime parole. Finché non arriva il momento del “no” e del “mio”.
In realtà, già la bellissima parola “mamma” si è rivelata, a un certo punto, un’arma a doppio taglio: mia figlia ne ha fatto il suo peana, il suo grido di guerra. “Mammamammamamma!” e sai che sta per saltare sul tavolo o per strapparti gli occhiali (senza i quali sono semi cieca).
I problemi iniziano però quando cominciano a padroneggiare quelle due paroline. Innanzitutto il no: “Vuoi mangiare, vuoi bere, vuoi che giochi con la costruzioni, ti vuoi cambiare?”. “No”. È un no continuo, un no a tutto. Dopo averle elencato una serie infinita di cibi e attività a volte arriva anche il “sì”, ma è una conquista rara. Il “no” è la sua principale indicazione di vita, l’indirizzo che prendono le sue giornate. Temo lo ripeta così spesso giusto per vedermi stremata. Non è un no irritante, è un no che mi prende in giro perché preceduto da un’esitazione che mi illude: “Vuoi andare sull’altalena?” “Uhmmm… No”.
Il peggio arriva con “mio!”: è tutto suo. In casa, al supermercato, per strada. Ogni tanto litighiamo, e non si capisce più chi di noi due abbia due anni. “No, questo è mio, mio, mio!”. La cosa ridicola è che a volte funziona: più mi metto al suo livello (e non così per dire, mi inginocchio realmente), più sembra scendere a più miti consigli. Non penso che sia un gran metodo educativo, il mio, ma alla decima volta che striscio sotto i divani per recuperare gli occhiali non bado molto alla forma. Sono MIEI.
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