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Crescita

Mamme da legare: la pazienza è la virtù delle mamme

Il mio record personale è di un’ora e mezza per far mangiare un piatto di pasta alla bambina.

Non la stavo forzando, anzi! Lei sembrava gradire molto. Ma masticava piano piano, faceva pause frequenti, scambiava due chiacchiere nella sua lingua incomprensibile. In 90 minuti si pensa a tante cose: alle lavatrici ancora da fare, al lavoro da finire e consegnare, alla prospettiva di vedere un film che sfuma per fare posto a qualche altra cosa noiosissima che ha a che fare con l’andamento della casa. Insomma, si ha tutto il tempo per capire che, nemmeno quella sera, rimarrà mezz’oretta per se stesse. E non puoi certo mostrare impazienza o fretta! Il momento dei pasti deve essere rilassato: da bambina mi nutrivo d’aria, non ne volevo sapere di mangiare, e quando vedevo la tavola apparecchiata sapevo che sarebbe iniziata la lotta tra me e mia madre.

Il momento dei pasti per lunghi mesi ha rappresentato la sfida maggiore alla mia pazienza. Guardavo l’orologio e già sapevo che, tra una cosa e l’altra, prima di un paio d’ore non ne sarei venuta a capo. Adesso la sfida maggiore è riuscire a mantenere il controllo mentre cerco di pulire. Sì, perché quello delle pulizie rappresenta il momento di maggior caos in casa: io spolvero e sul pavimento viene disseminato il contenuto di tutti i cassetti della casa. Lavo i bagni e sul pavimento vengono accuratamente stese tutte le asciugamani, che andranno quindi raccolte e messe a lavare. Più pulisco, più ho da sistemare e rimettere in ordine, perché non posso dire a una bambina di meno di due anni “stai ferma e immobile mentre io faccio cose noiose”. Quindi, a un’ora di pulizie corrispondono due ore di “tamponamento” dei danni.

Quando usciamo, la situazione non migliora: se siamo in un negozio devo fare tutto in fretta, cantando, ballando e facendo corse e slalom tra gli scaffali per far divertire la prole. In fila alla cassa devo solitamente dare il mio portafoglio alla piccola diavoletta per farla stare buona, assicurandomi poi di non lasciare tessere sanitarie e patenti in dono ai commessi.

Il problema non è mai quando siamo solo noi due o noi e il padre: impiegare 10 minuti per fare 100 metri non è così terribile, né lo è adattarsi al suo passo ovviamente più lento. Penso che questa particolare forma di pazienza derivi dalla tristezza che provo quando vedo qualcuno che si trascina dietro i figli, finché non si scoccia e non li mette nel passeggino. In realtà è semplice: mai uscire dandosi orari precisi, mai dare appuntamenti a qualcuno senza aver specificato “sto con la bambina, non ti aspettare puntualità”. Quando andiamo in centro e programmiamo di passare che so, in 5 negozi, se riusciamo a farne 3 è grasso che cola.

E vogliamo parlare di quando magari non si è proprio in forma, la notte è stata agitata e, dopo aver tenuto la bambina sul vasino per 20 minuti la lavate, la cambiate e, dopo 60 secondi, annusate l’aria e dite “ma noooo! Non potevi farla 90 secondi fa?!”. Il tempo è ciò che realmente manca alle madri. Ma bastano poche settimane perché la nostra percezione cambi: tutto si dilata, i programmi a breve scadenza spariscono. Ogni secondo si allunga: lavare le manine può diventare un’operazione infinita, aspettare che tuo figlio si addormenti può far spuntare rughe e capelli bianchi. Tutto diventa lento e una cosa all’apparenza rapida si trasforma in gesti lenti, lentissimi. Direi che, se si escludono quei momenti in cui mia figlia fa cose folli tipo saltare a un millimetro dal bordo del letto, la possibilità di infarto dovuta a una vita frenetica si allontana sempre di più. I momenti frenetici ci sono solo quando lei dorme e io cerco di fare tutto prima di crollare a mia volta. Ma, quando lei è sveglia, le mie coronarie sono al sicuro.

Foto | Flickr

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