Educazione
Mamme da legare: “Io non ero così, alla tua età”, ovvero madri che riscrivono i propri ricordi
Il revisionismo delle madri è proverbiale. A starle a sentire, dovremmo concludere che la loro generazione fosse un esempio di amore filiale tendente all’adorazione dei genitori.
È verosimile che l’educazione per i nati nella metà del secolo scorso fosse più rigida, e dubito che si assistesse a scenate di bambini che mandavano a quel paese i genitori al supermercato. Ma i bambini sono sempre stati tali: perché 50 anni fa erano tutti buonissimi, mangiavano senza fare storie, non rompevano nulla, nemmeno le scatole, e ubbidivano felici abbracciando il ruolo di subalterni nella famiglia? Semplice: i nostri genitori mentono. In buona fede, per carità. Magari non facevano storie per avere l’ultimo giocattolo alla moda perché non lo vedevano pubblicizzato in TV. Forse non pretendevano di passare le ore al PC perché i PC non esistevano. Ma quest’esercito di piccoli soldati dev’essere necessariamente un parto della loro fantasia una volta diventati adulti.
Ma, a un certo punto, questa mia convinzione è venuta a vacillare per un motivo ben preciso: sono entrata nella schiera dei genitori. “Io alla tua età non ero così”. La leggenda narra che io non piangessi mai. Mia madre mi portò più volte dalla pediatra, per controllare che andasse tutto bene. I pediatri sono abituati a ogni tipo di stranezze, e quella in particolare manifestò molto autocontrollo per non scoppiare a ridere. Si limitò a dire a mia madre: “E di che si lamenta, se la bimba non piange?”. Naturalmente, questa storia viene ripetuta a mia figlia con cadenza quotidiana: “Io non piangevo mai, non facevo tutti questi capricci!”.
Questa frase fa il paio con “Quando avevo la tua età non potevo scegliere cosa vedere! Se c’era Lady Oscar in TV, quello dovevo vedere! Altro che slalom tra Peppe Pig e Case di Topolino! E non facevo tutte queste storie, per mangiare!”. Bugia enorme: tra i 3 e i 5 anni mi sono nutrita d’aria. A nulla valevano minacce o preghiere dei miei. E non accettavo nemmeno passivamente le repliche di Lady Oscar: una delle mie frasi preferite, forse la prima di senso compiuto che imparai a pronunciare, fu “mi annoio”. “Mamma, mi annoio”. Sono convinta che, solo a leggerla, a mia madre verranno i brividi. La tallonavo, la sfiancavo coi miei “mi annoio”. Doveva inventarsi cose nuove di continuo, e ricordo chiaramente che il 99% delle soluzioni da lei proposte non mi andava a genio: “No, altro”.
A mia figlia, io e il padre spacciamo per vere anche storie inventate che più inventate non si può, su una nostra presunta condotta irreprensibile che ci portava a evitare situazioni pericolose. Bugie: ho fatto cose che, a ripensarci, mi danno i brividi. E, stando a sentire mia suocera, il mio compagno faceva anche di peggio.
Ma il divertimento vero arriverà durante l’adolescenza: non voglio nemmeno pensare alle innocenti omissioni che faremo circa il nostro comportamento a sedici anni. È vero che la mia generazione, rispetto a quella attuale, era parecchio diversa: a 15 anni mettevi lo smalto trasparente e ti sentivi trasgressiva. Guardare le foto di quegli anni e paragonare quei liceali con quelli di oggi mette imbarazzo: “ma quegli occhiali chi li ha scelti? Certo che le sopracciglia avrei pure potuto farmele… E i capelli! Ma sotto quel maglione c’è una ragazza o uno scaldabagno? Le taglie alle commesse le chiedevo a caso?”.
Ecco. Ci sto ricascando. Generazione di ingenue contro generazione bella scafata. Uhm… Eppure non era così, a pensarci bene. Ma il revisionismo è una spirale. E non ne esci più. Cara figlia mia, a 4 anni mangiavo tutto e ubbidivo a mia madre, a 14 facevo regolarmente i compiti e ubbidivo a mia madre, a 24 studiavo con profitto all’università e ubbidivo a mia madre. Oggi, sono una mamma perfetta. E ubbidisco a tua nonna.
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