Gravidanza
Rimanere incinta dopo un raschiamento: il concepimento è più facile?
Il raschiamento è un intervento necessario dopo un aborto spontaneo interno, ma non ha effetti negativi sulla fertilità, anzi. Vediamo perché si dice che faciliti la gravidanza
Il raschiamento è un intervento che viene eseguito a seguito di un aborto spontaneo interno o incompleto, per rimuovere dall’utero tutti gli annessi fetali e impedire che si infettino.
L’aborto spontaneo è un evento che interessa circa il 15% del totale delle gravidanze, può capitare a qualunque donna e ad ogni età e in genere non ha ripercussioni sulla fertilità femminile, tanto che spesso viene seguito a brave distanza da una nuova gestazione che va a buon fine.
Spesso alle donne che si recano in ospedale per sottoporsi al raschiamento viene detto di non preoccuparsi, perché proprio la “ripulitura” delle mucose uterine (operazione che si esegue sotto anestesista generale, per via transvaginale e che non lascia alcun segno esteriore) renderebbe più facile un successivo annidamento dell’ovocita fecondato. Insomma, in pratica subire un raschiamento non solo non impedirebbe un nuovo concepimento ma, al contrario, lo faciliterebbe.
Certo, ad una donna che soffra per i postumi del suo aborto può legittimamente venire il sospetto che tale affermazione sia fatta solo per rassicurarla. In realtà, però è vero che spesso a questo intervento, se ben eseguito, dopo qualche mese segue una nuova gravidanza che ha più successo di proseguire fino al termine naturale dei nove mesi, anche se non ci sono evidenze che possano stabilire una diretta connessione tra i due eventi.
La cosa che in genere si raccomanda ad una donna che abbia subito un raschiamento dopo un aborto è comunque di attendere almeno due mesi prima di tentare nuovamente di restare incinta, per permettere all’utero di tornare in condizioni ottimali, inoltre va sempre considerata la sua situazione medica generale.
Una donna con aborti ricorrenti potrebbe soffrire di qualche disfunzione, ad esempio a livello endocrino, oppure soffrire di endometriosi o celiachia, o infine avere un “rigetto” di tipo autoimmune, tutte condizioni da indagare attraverso esami specifici.
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Foto| via Pinterest