Gravidanza
Aborto spontaneo, le possibili cause e i test medici da fare
Circa il 15% della gravidanza si conclude precocemente con un aborto spontaneo. Vediamo le possibili cause e come intervenire
L’aborto spontaneo, ovvero l’interruzione di una gravidanza con espulsione (o meno) dell’embrione fecondato è un triste evento che purtroppo si deve sempre tenere in considerazione perché piuttosto frequente. Si stima che circa una gravidanza ogni sette si concluda con un aborto spontaneo entro la 22ma settimana, per cause molto diverse.
Tra quelle più comuni troviamo il mancato o incompleto radicamento dell’embrione nell’utero, così come la gravidanza ectopica (o extraeuterina), e il soffrire di patologie autoimmuni e croniche come la celiachia o anche l’endometriosi.
Anche lo stile di vita materno e il fattore ambientale, però, possono incidere sull’andamento della gravidanza e facilitare la sua conclusione in un aborto. Ad esempio da recenti studi scientifici è risultato che il fumo, l’inquinamento atmosferico, l’esposizione a sostanza tossiche, l’eccesso di peso, l’abuso di alcool e droghe, e gli sforzi fisici eccessivi, sono altrettanti fattori in grado di compromettere il buon prosieguo di una gestazione appena cominciata.
Sappiamo che soprattutto le prime settimane, diciamo il primo mese di gravidanza costituiscono la fase più delicata per la sopravvivenza del feto e la sua possibilità di crescere e svilupparsi dentro l’utero materno, perché ancora il suo radicamento non è perfetto.
I sintomi dell’aborto spontaneo sono contrazioni uterine e predite di sangue rosso vivo a cui si mescola, una volta che il feto sia stato espulso, materiale grumoso che purtroppo rappresenta quella vita che non è riuscita a svilupparsi. Talvolta l’embrione rimane nell’utero, cosa che accade spesso in caso di gravidanza ectopica, e allora si deve procedere ad una una rimozione chirurgica in laparoscopia.
In generale, ai primi sintomi di aborto ci si deve recare dal medico e sottoporsi ad una ecografia, anche transvaginale. Se l’aborto è avvenuto in modo completo, e soprattutto nelle primissime fasi di gravidanza, non c’è nessuna terapia da fare, ma se l’espulsione dell’embrione e degli annessi non è stata completa, allora la donna deve essere sottoposta ad un raschiamento (che elimina i residui e leviga la mucosa uterina e che si effettua sotto anestesia generale).
Talvolta è sufficiente che la donna assuma delle prostaglandine, ovvero degli ormoni che provocano le contrazioni uterine per permettere lo svuotamento dell’utero. Si tratta, per intenderci, degli stessi ormoni somministrati alla donna per indurre il parto quando sia in ritardo.
Se un aborto spontaneo avviene tardivamente, però, ci vuole un ricovero ospedaliero per evitare il rischio di emorragie e infezioni, e la rimozione del feto e degli annessi avviene chirurgicamente in anestesia generale.
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Foto| via Pinterest