Gravidanza
Parto in anonimato, un diritto per le mamme e per i bambini
Restare anonime al momento del parto è un diritto per le donne che non intendono riconoscere il loro bambino ed è anche un diritto per il bambino che viene assistito da personale medico qualificato e reso immediatamente adottabile.
Non tutte le donne che stanno per diventare mamma riescono ad accogliere questa nuova vita con la dovuta serenità, magari anche perché non hanno i mezzi per farlo. L’aborto però non è l’unica soluzione. Negli ospedali italiani, infatti, è garantito il parto in anonimato che serve a garantire la massima riservatezza, senza giudizi colpevolizzanti, alla mamma che può scegliere di portare a termine la sua gravidanza e restare anonima anche dopo la sua dimissione.
È un diritto importantissimo volto a tutelare due soggetti, mamma e bambino, intesi per la legge come persone distinte, ognuno con specifici diritti. La madre può quindi scegliere di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. Il nome della donna resterà segreto e sull’atto di nascita sarà scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”.
Al neonato non riconosciuto viene assicurato un parto sicuro, la dovuta protezione e le cure mediche. Non è tutto, perché questo gesto – così semplice – permette anche un’altra cosa, ovvero l’immediata segnalazione alla Procura della Repubblica al Tribunale per i Minorenni, garantendo così la sua adottabilità.
Il parto in anonimato deve essere sponsorizzato per contrastare l’abbandono dei neonati, fenomeno largamente diffuso anche in un Paese come il nostro. Un’alternativa, altrimenti, può essere l’uso delle culle per la vita.
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