Cronaca
Mamme da legare: L’istinto protettivo della neomamma e gli incidenti che crea
Quando ero piccola, mia nonna mi imponeva il divieto assoluto di avvicinarmi a eventuali gattini appena nati nella colonia felina che curava.
In verità, avevo il divieto di avvicinarmi troppo a qualsiasi gatto, e non perché il gatto potesse nuocermi in qualche modo, ma perché io avrei potuto infastidirlo… Ma l’ingiunzione di tenere una distanza minima e considerevole dalla cucciolata non era in alcun modo negoziabile. Ecco, dopo aver partorito, avrei voluto avere mia nonna vicina.
Non ho mai avuto difficoltà a dare mia figlia in braccio a qualcuno del quale mi fidassi, ma solo se ero io a prendere la decisione. Nelle prime settimane, è facile che un bambino pianga e non se ne capisca ancora il motivo, così come capita di infilarsi in situazioni apparentemente senza uscita, come cercare di mettere una tutina particolarmente stupida, di quelle che, una volta passata la testa, fanno prigioniero il bambino mentre la mamma tenta disperatamente di tirare fuori braccia e gambe. Bene, è in quei momenti che chi c’è già passato o ha gli stessi tuoi diritti sul bambino fa il gesto di prendere il pargolo e risolvere la situazione. Ed era proprio a quel gesto che io sibilavo o ringhiavo: “La-scia sta-re la bam-bi-na”. Penso che lo sguardo fosse di quelli alla Jack Nicholson in Shining o alla Glenn Close in un film a scelta, perché leggevo negli occhi del mio interlocutore perplessità e timore per la mia salute mentale.
Qui sto naturalmente parlando di nonne e papà che, devo dire, hanno accettato con buona grazia tutti i miei latrati e sibili. I pazzi vanno assecondati, si sa. Il problema è che io non riuscivo a staccarmi dalla bambina, soprattutto quando piangeva. Dovevo tenerla io, dovevo risolvere io il problema. Se non si attaccava bene al seno, e qualcuno cercava di spostarla, avrei potuto uccidere. Non mi interessava quanti figli avesse tirato su quella persona, non mi importava se il suo voleva essere solo un gesto d’aiuto per alleggerirmi il compito. Il cucciolo era mio e potevo ringhiare finché volevo.
A parole tolleravo tutti consigli, più o meno, ma praticamente non volevo intromissioni “fisiche”. Il lato razionale del mio cervello mi avvisava che non avevo nulla da temere da quelle “interferenze”, ma c’era una parte di me, in quel momento dominante, che mi diceva “azzanna”. E azzannavo, sia pure metaforicamente.
Di solito si taglia corto dicendo “sono gli ormoni”: si sa, donne incinte e puerpere sono un po’ pazze. Bene, neomamme, un mio consiglio non richiesto: visto che già abbiamo questa fama, approfittatene e azzannate pure (sempre metaforicamente): tanto, vi diranno comunque che siete vittime degli ormoni, che state sbagliando e che dovreste fare come vi consiglia chi ci è già passato. E, come tutte le nostre azioni, preparatevi all’inevitabile ruota che gira: un giorno, ad azzannarci, saranno le nostre figlie coi nostri nipotini in braccio.
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