Gravidanza
Parto oltre termine: le cause e le terapie indicate
Una gravidanza normale di solito si conclude con il parto intorno alla 38-40ma settimana, ma qualche volta il termine può posticipare. Vediamo perché e come si interviene
Una gravidanza fisiologica dura nove mesi, ovvero circa 38-40 settimane, con una settimana di “elasticità” per eccesso o difetto. Tuttavia, a volte il bambino è un po’ “pigro”, e sembra non dare cenni di voler venire al mondo anche dopo che sia abbondantemente trascorso il termine ultimo per il parto.
Quando, però, si deve intervenire in caso di gravidanza che si prolunga eccessivamente? I medici in genere lasciano trascorrere due settimane dopo la 40ma di gestazione, e se alla 42ma la futura mamma non dà sintomi di un parto imminente, si procede alla cosiddetta induzione (al parto, naturalmente).
Non si conoscono esattamente le cause del perché alcuni bambini tardino a nascere, spesso entrano in gioco fattori come la familiarità o il fatto di avere cicli mestruali molto lunghi, ma talvolta anche l’aver assunto la pillola o altri contraccettivi ormonali per anni può influire poi sulla durata della gravidanza.
Il parto indotto si programma quando non vi siano complicazioni (diversamente si procede al taglio cesareo, ad esempio se il bambino è troppo grande), ed è un protocollo collaudato che prevede tecniche manuali e interventi farmacologici che hanno lo scopo di stimolare le contrazioni.
Il primo step è costituito da una serie di manovre vaginali effettuate dalle ostetriche, aventi lo scopo di stimolare le membrane uterine attivando la produzione di prostaglandine, a loro volta responsabili di indurre le contrazioni.
Se questa prima manovra non produce effetto entro mezzora, allora si procede all’inserimento in vagina (attraverso una siringa), di un gel a base di prostaglandine sintetiche. La somministrazione viene ripetuta fino ad un massimo di 4 volte ad una distanza di sei ore l’una dall’altra.
A questo punto, nel 90% dei casi la donna entra in travaglio (di solito dopo la seconda o la terza dose di prostaglandine). Tuttavia, esistono elle eccezioni, e in questi casi si induce il parto in modo diverso.
Entra in gioco l’ossitocina, il cosiddetto ormone “dell’amore”, che viene somministrata per accelerare i tempi del travaglio attraverso infusione endovenosa e la flebo non viene staccata neppure durante e dopo il parto per favorire le contrazioni uterine del travaglio e successive (che permettono l’espulsione della placenta). Il parto indotto è più doloroso rispetto a quello spontaneo, ma in genere permette al bambino di nascere in tempi rapidi.
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foto| via Pinterest