Cronaca
Mamme da legare: La gravidanza e la maternità ai tempi dei social network
Qualche giorno fa, su Facebook, mi sono imbattuta in un travaglio in diretta.
Mi era capitato di leggere status di donne incinte che si lamentavano dell’arrivo del pargolo in ritardo, di nausee o di gambe gonfie, ma una dilatazione in tempo reale non l’avevo mai “letta”. E, sinceramente, non ne sentivo la mancanza.
La mia gravidanza è stata del tutto esclusa dai social network, non ho mai accennato alla questione, ma si è trattato di una scelta personale, così come è una scelta personale quella di pubblicare foto del neonato, della mamma stanca dopo il parto o della neo famigliola completa di papà. Generalmente, chi non fa parola della gravidanza lo fa per una sorta di “scaramanzia”: finché non va tutto per il verso giusto non se ne parla. La scelta di non pubblicare foto del bimbo, invece, è più comune e riguarda la volontà di salvaguardare la privacy del neonato evitando di diffondere foto che non restano mai realmente private. Ma le doglie un diretta mi sono sembrate davvero troppo.
Sappiamo tutte che, a volte, poter condividere momenti importanti è gratificante, ci fa sentire protagonisti e ci mette in pochi istanti in relazione con persone lontane. Quando ci capita qualcosa di bello vorremmo gridarlo a tutti, sia che si tratti della foto di una pizza ben riuscita che di un esame all’università. Ma… davvero qualcuna pensa che mi interessi sapere come procede la dilatazione? E davvero qualcuna ha la forza e la testa di tenerci aggiornati in un momento simile? Queste sono notizie che possono interessare alle future nonne, alle zie, ma non agli amici dei tuoi amici.
Dove finisce il desiderio di condividere un momento bello, e dove inizia il cattivo gusto? Non sempre i nostri contatti sui social network appartengono alla cerchia di persone a noi più vicine, e non vedo la necessità di imporre loro gli aspetti più privati della nostra vita o, peggio, di quella di una seconda persona che, tra qualche anno, potrebbe dirci: “ma dovevi proprio tappezzare internet di mie ecografie?”.
Che poi, a voler essere sinceri, a me fa piacere quando vedo foto della puerpuera e del bambino; anche se non sono amiche strette è bello partecipare a un momento così unico: il volto stanco della madre, la copertina che immediatamente si riconosce come fatta in casa, probabilmente da una delle nonne o dalla mamma nelle lunghe serate dell’attesa, la faccina rugosa che fa capolino tra le pieghe. Ma della cervice della partoriente, sinceramente, non mi interessa. Quindi, cerchiamo di porci dei limiti: avete presente il detto “se non hai nulla di carino da dire, non dire nulla”? Ecco: se non abbiamo nulla di carino da postare su Facebook, non postiamo nulla. E, se proprio non ci riusciamo, controlliamo almeno chi può aver accesso al nostro profilo, e diamo una “sfoltita”. Non tanto per noi, ma perché in realtà la nostra privacy non è più solo nostra, ma diventa quella del bambino. Abituiamoci al fatto che non siamo più sole e libere di fare, dire, scrivere e mostrare ciò che ci pare e piace. E che, a ora di pranzo, scrivere la parola “episiotomia” è poco garbato.
Foto | Flickr
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