Cronaca
Mamme da legare: Il ritorno a casa, quando la coppia diventa un trio
Al quinto giorno di degenza dopo il cesareo sono stata dimessa.
Ho trascorso la mattina e il pomeriggio ad attendere che la mia emoglobina tornasse ai livelli di una persona più o meno in vita e, dopo aver fatto la visita di dimissioni, ho indossato la mia tuta, raccolto regali e caricabatterie, gettato tutto ciò che mi ricordava le notti passate a vomitare e mi sono avviata con passo di bradipo verso l’uscita, grata al sostegno fornitomi dal passeggino.
Io, il mio compagno e la bambina eravamo tranquilli e sereni, nonostante la giornata uggiosa che non rappresentava esattamente l’idea di ingresso nel mondo che avevamo sperato per nostra figlia. Noi eravamo tranquilli, ma il resto dei parenti… I nonni erano impazziti. Li vedevo correre avanti e indietro, nel panico. “Copri la bambina, dobbiamo prendere il tiralatte, dove dobbiamo prendere il tiralatte, entra in macchina, a che ora arrivate, cosa cucino?”. Insomma, scene normalissime. Arrivati a casa, trovo mia madre vestita in tinta con dei nastri che la mia vicina aveva utilizzato per decorare il nostro giardino. Avete mai provato a ridere, dopo un’operazione all’addome? La scena era paragonabile solo a quella che si sarebbe svolta dopo pochi giorni, con mamma che inseguiva la grattugia elettrica da lei stessa azionata come se fosse un cavallo imbizzarrito.
Non so come siano trascorse le ore immediatamente successive: ero stanca, il mio compagno frastornato. Mi ero preparata a vivere ore tragiche: poppate, notti insonni, depressione post partum, e invece… L’avevo fatta così nera che nessuna fosca previsione si era avverata. La cosa della quale ci siamo resi subito conto è che le nostre abitudini, in realtà, non erano cambiate: cambiavano gli orari, modellandosi su quelli di nostra figlia. Quando mia madre è andata via, a un mese dal parto, già eravamo abituati alla bimba e a tutto lo spazio che aveva occupato. Non intendo quella cinquantina di centimetri che occupava fisicamente, ma ai biberon, alla navicella, all’ovetto, alle lenzuola ricamate che spuntavano ovunque e a tutti i body e le ghettine sparsi per casa.
Ogni padre vi dirà che, con l’arrivo di un figlio, le cose cambiano eccome: diciamo che si sentono un po’ spodestati. Ma credo che essere completamente concentrate sul nuovo nato sia alla base della conservazione della specie. Il tempo per la coppia si riduce drasticamente, all’inizio. Devo dire che io, dopo più di quattro mesi, ancora non riesco a lasciare la bambina con le nonne né con nessun altro: devo essere sempre a portata di voce. Ma questa è sicuramente una mia fissazione, e credo conti il fatto che, in ospedale, ho dovuto demandare parecchio affidandola spesso agli altri. Bisogna poi tenere in considerazione che la natura pensa a tutto: le prime settimane i bambini hanno davvero poche pretese, e fanno abituare i genitori gradualmente alla loro presenza. Se mia figlia fosse stata da subito com’è adesso sarei fuggita nottetempo. Uscire di casa in due e tornare in due più un diavolo della Tasmania ha conseguenze psicologiche serie. In realtà, si esce in due e si torna in due e un pezzettino. Poi il pezzettino cresce, cresce, e fagocita un po’ tutto: lo spazio nei vostri armadi, le serate al cinema col vostro compagno, le mezz’ore che impiegavate a truccarvi, le cene con gli amici a tarda sera… Il risultato di tutto questo continuo ingurgitare si chiama “famiglia”, e viene giustificato solo da quei sorrisetti che il pezzettino vi concede, conscio di avervi completamente in suo potere.
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