Cronaca
Mamme da legare: Prericonoscimento, uno strumento utile per le coppie non sposate
Per i figli di genitori non sposati, ultimamente, sono cambiate (in meglio) un po’ di cose.
Verso il mio sesto mese di gravidanza, però, ci si presentarono degli interrogativi, visto che i figli di coppie non sposate devono essere dichiarati da entrambi i genitori: il mio compagno, in quel periodo, era spesso fuori per lavoro. Siccome già una volta era rimasto bloccato all’estero durante la famigerata eruzione del vulcano islandese, mi venne il timore che, in una situazione analoga, avrebbe potuto rimanere via oltre i dieci giorni previsti per registrare la bambina.
Il bambino si può registrare entro tre giorni in ospedale, entro dieci allo stato civile. E se avessi avuto un cesareo, come poi è stato? L’ultimo mio pensiero era attraversare l’ospedale alla ricerca dell’ufficio. Anche la scadenza dei dieci giorni non mi piaceva, avrei potuto avere mille difficoltà. Senza contare la mia scaramanzia meridionale: se mi fosse successo qualcosa durante il parto, questa bambina da chi doveva essere dichiarata? E, così, pensammo al prericonoscimento: dopo aver preso appuntamento, ci si presenta all’ufficio di stato civile con i documenti di entrambi i genitori e col certificato di gravidanza con la settimana di gestazione e la data presunta del parto. Viene redatto un atto che attesta che il signor XY e la signora XX hanno concepito un figlio riconosciuto da entrambi e, con copia del certificato, può andare anche solo uno dei genitori a dichiarare la nascita. In ospedale non è stato possibile sfruttare il prericonoscimento, abbiamo dovuto dichiarare la bambina in comune. Ma è andato solo il mio compagno, cosa ottima viste le mie condizioni non brillantissime di salute.
Come vi avevo accennato, la mia gravidanza si è svolta a cavallo di un cambio di residenza e, così, mi ero informata sul prericonoscimento in due regioni, una del nord e una del sud. Le due gentilissime impiegate, saputo cosa volevamo, hanno avuto la medesima reazione di stupore, per motivi diversi. L’impiegata del nord ci ha detto: “Ma perché? Siete giovani!”, temendo che ci aspettassimo la morte del mio compagno prima del parto o la mia durante le doglie. L’impiegata del sud, invece, ha detto: “Ma ci sono problemi?”. Non con l’aria dell’impicciona, ma con l’aria di solidarietà femminile di chi pensa: “Quel disgraziato non vuole riconoscere il bambino?”. Abbiamo dovuto spiegare che, se la legge italiana dava qualche vantaggio alle coppie di fatto, dovevamo approfittarne, e che non ci aspettavamo di morire, né io pensavo che il mio compagno ci avrebbe abbandonate. Il prericonoscimento è un’opportunità che può rivelarsi comoda soprattutto per la partoriente. E penso a quelle poverine che, con due metri di neve, sono costrette a uscire di casa dopo un parto perché non sposate.
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