Cronaca
Incinta e in coma, l’ospedale stacca la spina che la tiene in vita
In Texas, ad una donna in coma alla 22ma settimana di gravidanza è stata staccata la spina del macchinario che la teneva in vita per ordine del Tribunale e volontà della famiglia
Il caso di Marlise Munoz, la donna incinta alla 22ma settimana, in coma dal 26 novembre 2013, si è concluso per decisione del Giudice del Tribunale dello stato del Texas.
A questa sfortunata mamma è infatti stata staccata la spina delle macchine che la tenevano in vita presso l’ospedale John Peter Smith di Fort Worth, per volontà della famiglia ma contro quella del personale medico.
Si tratta di una vicenda che ha sollevato, e solleva delicatissime problematiche di natura bioetica in cui le leggi si scontrano con le esigenze e le convinzioni di chi “resta”. A noi tutti (italiani), si presenta alla memoria il caso, dolorosissimo e purtroppo malamente manipolato per ragioni politico-ideologiche, di Eluana Englaro.
Ma qui, la questione centrale è legata alla gravidanza della donna in coma. Infatti le leggi USA in materia di cure ospedaliere sono diverse, da Stato a Stato, e quello del Texas fa parte dei 31 che stabiliscono che non si possono negare le terapie salvavita alle pazienti incinte e che la decisione di “staccare la spina” non deve essere totalmente di pertinenza dei familiari.
Il marito di Merlise, Erick Munoz, è un paramedico, e sa che la moglie, e il feto che porta in grembo, hanno subito danni troppo vasti, a livello cerebrale, per poter avere speranza di risveglio e guarigione, essendo la donna rimasta per un’ora senza ossigeno a seguito di un incidente.
Per questa ragione, l’uomo si era rivolto al Tribunale del Texas perché la sua volontà, come quella degli altri familiari dei Marlise, di poter procedere a seppellire la donna – peraltro “legalmente” morta – invece di mantenere il suo corpo innaturalmente in vita, venisse rispettata. Nei documenti che Erick ha presentato, tramite i suoi legali, al Giudice, si legge:
Negli ultimi due mesi nulla ha indicato che mia moglie è viva. Quando mi chino per baciarla ha perso il suo odore, sostituito da quello che posso descrivere solo come odore della morte. Come paramedico conosco bene questo odore e lo riconosco quando bacio mia moglie
Il dolore di questa famiglia è facilmente intuibile, eppure ci sconvolge pensare che le speranze di vita di una giovane madre e del bambino che porta in grembo verranno troncate dall’ordine di un Tribunale, e da una spina che verrà staccata, così, brutalmente. E’ una questione etica che ci riporta alla mente anche un altro caso italiano, quello di Carolina Sepe, che ha fatto nascere il suo bambino dopo 4 mesi di coma.
Ma sono diverse le vicende analoghe.
Ma ogni storia è diversa, e nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare, e neppure di sapere cosa bisogna fare. Non sappiamo come reagiremmo in una situazione del genere, e stabilire cosa sia meglio, o più eticamente “giusto”, è davvero arduo, se non impossibile. Sappiamo che una famiglia soffre profondamente, che un marito perde una moglie e non vedrà mai nascere suo figlio, e che un altro bambino, Mateo, non vedrà più la sua mamma.
Foto| via Pinterest