Papà
Festa del papà, le poesie da dedicare il 19 marzo
Le più belle poesie per la Festa del papà da poter dedicare, al proprio, il 19 Marzo
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Sono numerosi i modi attraverso i quali poter dimostrare il proprio affetto nei confronti dei genitori: la Festa del papà è imminente, perchè non far recitare, ai piccoli di casa, una bella poesia a tema?
Le poesie per la Festa del papà possono rappresentare il modo migliore per fare gli auguri più sentiti ai papà nel giorno loro dedicato: il 19 marzo si celebra, infatti, San Giuseppe, che per tradizione coincide con tale ricorrenza.
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Ricorrendo ad una delle poesie raggruppate sotto, i bambini potranno dedicare un pensiero speciale al proprio papà: aiutateli a memorizzarne una, quella prescelta, cosicchè domani possano recitarla senza difficoltà.
Passeggiata domenicale
Io vado a spasso per la città,
senza una mèta vago qua e là.
In piazza Navona mi fermo a guardare
quelli che stanno il gelato a leccare.
In piazza Esedra reato incerto:
sentire gratis il concerto,
o sedermi, alla romana,
sull’orlo fresco della fontana?
Ma è zeppo, l’orlo di cemento:
ci siedono già persone duecento.
Si godono il fresco le famiglie,
la mamma, la suocere con le figlie.
E il babbo dov’è, per far pari?
E’ a casa a fare gli straordinari.
Ogni domenica per la via,
si fa il passeggio dell’economia.
(Di Gianni Rodari)
A mio padre
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi un uomo estraneo
per te stesso egualmente t’amerei.
Ché mi ricordo d’un mattin d’inverno
che la prima viola sull’opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l’appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell’altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora,
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia e, tutta spaventata
tu vacillante l’attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l’avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo che era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi un uomo estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t’amerei.
(Di Camillo Sbarbaro)
A mio padre
L’uomo che torna solo
A tarda sera dalla vigna
Scuote le rape nella vasca
Sbuca dal viottolo con la paglia
Macchiata di verderame.
L’uomo che porta così fresco
Terriccio sulle scarpe, odore
Di fresca sera nei vestiti
Si ferma a una fonte, parla
Con un ortolano che sradica i finocchi.
È un uomo, un piccolo uomo
Ch’io guardo di lontano.
È un punto vivo all’orizzonte.
Forse la sua pupilla
Si accende questa sera
Accanto alla peschiera
Dove si asciuga la fronte.
(Di Leonardo Sinisgalli)
A mio padre
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
– Com’è bella notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno – Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
(Di Alfonso Gatto)