Salute e benessere
Allergie nei bambini, il rischio aumenta nei nati con parto cesareo
La SIPPS lancia un allarme relativo alle sempre più frequenti allergie in età pediatrica: i bambini nati con il cesareo sono maggiormente a rischio
Le allergie sono in forte aumento tra i bambini, che si tratti di reazioni avverse ad un alimento, ad una sostanza chimica, ai pollini delle piante o agli acari della polvere, sembra proprio che il sistema immunitario infantile sia sempre meno in grado di riconoscere gli allergeni “veri”.
In effetti le allergie altro non sono che reazioni anomale delle difese delle corpo contro sostanze che vengono percepite come nocive, ma anche in realtà tali non sono.
In ogni caso, a proposito dell’incidenza sempre maggiore dei queste malattie nell’infanzia, la SIPPS (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ), durante il recente Congresso della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP) tenutosi a Milano, ha deciso di lanciare un allarme, che si salda anche con una tendenza negativa della sanità del nostro Paese: i bambini che nascono con il parto cesareo sono più a rischio degli altri di sviluppare sindromi allergiche.
Dal momento che i parti cesarei in Italia sono sempre troppi rispetto alla media europea, appare chiaro come anche il problema conseguente, quello dell’aumento delle allergie tra i bambini, sia ugualmente più esteso che non altrove.
In ambito europeo il nostro Paese detiene il primato poco invidiabile di mamme cesarizzate. A farci salire sullo scanno più alto del podio è una media nazionale del 38%, con impennate del 62% registrate in Campania!
Ricorda il prof Vito Leonardo Miniello, docente di Pediatria e Nutrizione Pediatrica presso l’Università di Bari e membro della SIPPS. Questa anomalia produce effetti negativi sulla salute dei bebè e sulla maturazione del loro sistema immunitario, come spiega il pediatra:
Il corpo umano ospita un numero enorme di batteri, dieci volte superiore a quello delle proprie cellule. La maggior parte di questi germi, essenziale per la nostra esistenza, è contenuta nell’intestino dove costituisce il cosiddetto microbiota intestinale, un vero e proprio organo batterico con funzioni protettive (difesa nei confronti di batteri patogeni), metaboliche (produzione di vitamine e sostanze a valore energetico) e immunitarie (programming immunitario). Nei primi giorni di vita si ipoteca il futuro biologico del soggetto adulto: un microbiota intestinale ricco e variegato è in grado di addestrare il sistema immunitario a riconoscere antigeni utili (alimenti), contrastare quelli pericolosi (batteri patogeni) e soprattutto a non essere “irascibile”, producendo in modo inappropriato sostanze (citochine) pro-infiammatorie, responsabili di innescare malattie allergiche e autoimmunitarie (diabete di tipo 1, colite ulcerosa, malattia di Crohn). Al momento della nascita la mamma ha in serbo per il suo cucciolo preziosi regali quali la vita, il latte materno ed il passaggio dei suoi batteri (intestinali e vaginali) che andranno a colonizzare l’intestino sterile del neonato, permettendogli di costruire un proprio microbiota intestinale, pur derivando da quello materno
In pratica il bebè, durante il parto naturale, eredita parte del patrimonio micobico materno, e poi, attraverso l’allattamento al seno, completa la sua maturazione immunitaria assumendo gli anticorpi dal latte materno. Ecco perché è così cruciale tentare di ridurre al minimo possibile i cesarei e allungare i tempi dell’allattamento al seno (almeno sei mesi, secondo l’OMS). Non ci resta che sperare che le direttive della SIPPS vengano recepite anche da ostetrici e ginecologi operanti nei punti nascita del nostro Paese.
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Foto| via Pinterest