Gravidanza
Il parto è doloroso e la scienza ci spiega perché
Il parto naturale è un evento indubitabilmente doloroso, anche se l’intensità della sofferenza varia da donna a donna. Vediamo quali sono le ragioni fisiologiche
Il parto naturale è doloroso, non si scampa da questa verità fisica che ogni mamma conosce bene. Detto questo, è anche vero che la percezione di questo specifico dolore – unico nel suo genere – varia in modo notevole da donna a donna.
Perché questo accade, e quali sono le ragioni fisiologiche di questa sofferenza? In generale, sappiamo che in una scala del dolore, quello che accompagna il parto naturale (o vaginale) si trova al vertice, almeno per quanto riguarda l’intensità.
Eppure sono dolori che ogni donna è in grado di sopportare, anche le più “fifone”, anche quelle che hanno la soglia di tolleranza più bassa. Ciò accade perché ogni donna è biologicamente programmata per arrivare a quel momento, in cui il suo corpo si “aprirà” per permettere al bambino che ha “covato” nell’utero per nove mesi di uscire alla luce.
Da punto di vista prettamente fisiologico, l’impulso doloroso “vero” arriva in fase di travaglio in primis dallo stiramento delle fibre del collo dell’utero, e in secondo luogo dalle contrazioni di quest’ultimo.
Come sappiamo, queste ultime hanno un compito ben preciso, avvisare la donna che il suo bambino è sceso nel canale del parto ed è pronto per venire al mondo. Le contrazioni vanno quindi “aiutate” dalla partoriente che è portata ad assumere posizioni adatte a facilitare il parto e a “spingere” per far uscire il suo bambino.
Alle contrazioni si alternano momenti di tregua (sempre più brevi fino al momento dell’espulsione del feto), in cui il cervello materno produce una bella scarica di endorfine, ovvero gli ormoni del buon umore, che stimolano la mamma.
Infatti è importante considerare che sebbene intensissime, le fitte del parto non sono associate ad una condizione di malattia, ma ad un evento bello, gioioso e naturale, e questa sensazione viene comunque percepita dalla partoriente, nonostante la sofferenza. La parte finale del travaglio è poi caratterizzata spesso da lacerazioni della vagina e del perineo, che contribuiscono ad aumentare il dolore.
Per contro, non appena il bambino viene al mondo, il corpo materno si rilassa subito e il dolore cessa, mentre il bebè viene posato dolcemente sul seno della sua mamma, che finalmente può guardarlo negli occhi. La sofferenza del travaglio aumenta quanto meno “naturale” diventa l’atto del partorire.
La troppa medicalizzazione, le posizioni innaturali che la donna è costretta ad assumere in sala patto, l’immobilità… sono tutti fattori che complicano questo evento, e che pertanto, anche su indicazione delle ultime linee guida ministeriali, si sta cercando di limitare in ambito ospedaliero.
Per rendere l’evento parto meno traumatico, poi, c’è la possibilità di ricorrere all’anestia epidurale, priva di rischi e che permette alla donna di partecipare attivamente alla nascita del suo bambino.