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Cronaca

Mamme da legare: Le lunghe telefonate (finte) di una bambina di 18 mesi

Mia figlia passa le ore al telefono.

Non ha 16 anni, ma 18 mesi, e in verità non parla nemmeno con un vero e proprio apparecchio telefonico, ma con telefoni giocattolo, torce, banane e con tutto ciò che può essere avvicinato a un orecchio. Naturalmente si potrebbe pensare che lo faccia per emulazione, ma io faccio lunghe telefonate coi miei solo mentre preparo la cena, quando lei è in soggiorno con il padre. Nel corso della giornata può capitare che risponda al telefono, ma si tratta di conversazioni brevissime, solitamente con operatori di call centre ai quali spiego nel modo più gentile possibile che la loro offerta mi è stata proposta da almeno altri 3 loro colleghi nei giorni precedenti. Tra l’altro, cerco davvero di essere sempre “civile”, nelle mie risposte, perché ho fatto un lavoro che mi costringeva ad avere a che fare con la gente e non era per nulla semplice o divertente. Invece mia figlia, al telefono, è incavolata nera.

La maggior parte delle sue telefonate inizia con calma, ma è un crescendo di sillabe che esprimono disappunto, come se stesse rimproverando qualcuno poco efficiente. Sembrano telefonate di lavoro atte a riportare in carreggiata un dipendente poco efficace: inizia la conversazione seduta, per poi alzarsi e camminare nervosamente per la stanza. Non so chi sia il suo interlocutore, ma di sicuro l’ha combinata grossa.

Ogni tanto fa anche qualche chiamata a un’amica, perché ascolta per un minuto e poi scoppia in grandi risate, terrorizzandomi perché penso al classico racconto di fantascienza in cui extraterrestri vari conquistano la Terra mettendosi in contatto coi bambini e usandoli per mettere in atto il piano di invasione. Temo di vivere in “Ora zero” di Ray Bradbury, in pratica.

Per superare le mie perplessità, allora, chiamo una delle nonne e le avvicino la cornetta, per farla parlare con qualcuno di reale e senza antennine verdi: niente, un paio di sorrisi ma silenzio assoluto. La bambina parla solo coi suoi dipendenti e con gli amichetti immaginari. Ho capito che siamo entrati nella fase dell’emulazione, ma questo sembra essere il suo comportamento preferito: se spolvero, passa 3 secondi a imitarmi. Se mi lavo i denti, ho 2 secondi della sua attenzione. Se mi vesto, prova il mio reggiseno per 1 secondo e lo butta via.

Quando avevo 17 anni, vivevo al telefono. Cosa mi aspetta tra qualche anno? Magari le passerà, questa mania: nel frattempo, se le capita tra le mani una fetta di pane, se la porta all’orecchio e, a volte, me la passa pure. A me sta bene, reggo il gioco. Purché, uno di questi giorni, non mi risponda un omino verde dall’altra parte.

Foto | Flickr

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