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Gravidanza

Si muore ancora di parto? Perché succede e quali sono i fattori di rischio

In Italia la mortalità materna è tra le più basse al mondo, eppure ogni anno decine di donne non sopravvivono a questo evento naturale. Scopriamo quali sono le cause più comuni e come prevenirle

In Italia si muore ancora di parto. Sebbene proprio il nostro Paese possa vantare una percentuale di morti per complicanze ostetriche molto bassa, peraltro in linea con le media europee, solo negli ultimi 2 anni 39 donne sono decedute proprio a seguito del “lieto evento”.

Ma come è possibile che ancora oggi un evento così drammatico, che un purtroppo un tempo decimava la popolazione femminile, sia ancora uno “spauracchio” con cui dover fare i conti?

L’Iss (Istituto superiore di maternità) ha deciso di indagare le cause e le percentuali della mortalità materna in Italia con un progetto pilota partito 2 anni fa che ha coinvolto (per il momento), sei regioni: Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia.

Attraverso una rete di sorveglianza interna avviata nei diversi punti nascita presi in esame e un controllo incrociato dei dati relativi alle morti materne avvenute sia in ospedale che a seguito di dimissioni, si è potuto iniziare a fare una “classifica” delle cause più comuni di morte post partum.

Dagli esiti dell’inchiesta scopriamo che la principale causa di morte materna “tardiva” post nascita, ovvero avvenuta tra la fine del puerperio (40 giorni dopo il parto) e il primo anno di vita del bambino è il suicidio per depressione post partum, un drammatico evento che colpisce una neomamma ogni 100mila.

Al secondo e terzo posto di questa triste classifica troviamo invece due eventi che possono insorgere proprio durante o nei primi giorni dopo il parto: l’emorragia ostetrica e la sepsi, o setticemia post partum. Seguono le complicanze da infezione contratta durante il ricovero (tra cui quella da influenza H1N1 che compromette la funzionalità polmonare), e problemi ostetrici legati alle terapie per la procreazione assistita.

Ciò che colpisce l’attenzione è però il caso delle donne – 3 i casi registrati nelle regioni monitorate – decedute per non essere state opportunamente seguite durante la gravidanza e il parto. E’ proprio su queste morti che si deve agire a livello preventivo, puntando soprattutto sul potenziamento della rete di supporto alla nascita nel Sud Italia, dove si sono verificate le carenze maggiori.

Se è vero, infatti, che alcuni decessi sono del tutto imprevedibili, e non è possibile porvi rimedio quando si verificano, è altresì vero che ancora troppe mamme muoiono per negligenza e incuria.

Il rischio di mortalità materna è quasi tre volte superiore nelle donne sopra i 35 anni rispetto alle più giovani, oltre due volte nelle donne di istruzione bassa e tra quelle che si sono sottoposte a taglio cesareo rispetto al parto spontaneo. Le morti rilevate a seguito di gravidanze indotte mediante procreazione assistita mettono in luce l’importanza di un’appropriata selezione delle donne che possono accedere a tali tecniche per quanto riguarda la variabilità tra le regioni, si registrano esiti migliori al Nord rispetto al Sud del Paese come accade anche per la mortalità neonatale

Sintetizza la dott.ssa Serena Donati, del reparto Salute della donna e dell’età evolutiva dell’Iss. C’è, dunque, ancora molta strada da fare per far sì che l’evento parto sia davvero “lieto”.

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Foto| via Pinterest
Via | lastampa.it

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