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Alimentazione per bambini

Sull’olio di palma e sull’alimentazione dei bambini. Intervista a Giorgio Donegani

Il parere del tecnologo alimentare, esperto in scienza dell’alimentazione e nutrizione

Abbiamo fatto una chiacchierata con Giorgio Donegani, tecnologo alimentare esperto in scienza dell’alimentazione e nutrizione, a proposito dell’olio di palma, degli acidi grassi saturi e della dieta bilanciata nei bambini. Ecco le nostre domande e le sue risposte.

Parliamo di olio di palma e alimentazione dei bambini. Gli alimenti che contengono l’olio di palma possono essere consumati senza alcun timore? Qual è il “limite”?

L’olio di palma si caratterizza per il suo contenuto di acido palmitico, un grasso che è naturalmente presente in elevata quantità anche nel latte materno. È proprio per rendere i latti più simili a quello naturale della mamma che l’industria utilizza l’olio di palma nella produzione dei latti per neonati, mentre per gli altri prodotti è apprezzato e utilizzato per le sue caratteristiche di neutralità del gusto e di stabilità all’ossidazione, oltre che per la sua versatilità.

Come ha ribadito anche l’Istituto Superiore di Sanità, l’olio di palma in sé non contiene nulla di pericoloso e le attenzioni nel suo consumo vanno riferite alla quota complessiva di grassi saturi che dovrebbe essere presente nella dieta.

I dati riportati nel parere emesso a febbraio dallo stesso Istituto Superiore di Sanità indicano che per i bambini da 3 a 10 anni su un totale di 28 g di grassi saturi consumati ogni giorno quelli provenienti da olio di palma sono stimati al massimo in circa 7,5 g. Come si vede, l’olio di palma contribuisce per una quota limitata all’assunzione di grassi saturi, e il consumo normale di alimenti che lo contengono non desta preoccupazione.

Si parla di acidi grassi saturi. Che cosa sono? Quali sono i potenziali rischi di eccessi di grassi saturi nella dieta? L’olio di palma è “pericoloso” in questo senso?

Gli acidi grassi che assumiamo con il cibo possono essere di tre tipi: saturi, monoinsaturi e polinsaturi. Quello che li distingue sono alcune particolarità nella loro struttura, ma tutti e tre sono necessari per una crescita sana. In particolare, gli acidi grassi saturi esercitano numerose funzioni importanti: sono componenti delle membrane cellulari, regolano la comunicazione all’interno delle cellule, sono precursori di ormoni…

La necessità di acidi grassi saturi varia in funzione dell’età ed è maggiore durante i primi anni di vita, quando i processi metabolici mediati da questi nutrienti sono più attivi. A conferma di ciò, come dicevo, basti osservare che il 40% degli acidi grassi totali del latte materno sono saturi e di questi ultimi il 50% è rappresentato da acido palmitico. Sarebbe un grave errore eliminare i grassi saturi dall’alimentazione dei bambini come da quella degli adulti; ciò che è bene evitare è il loro consumo eccessivo.

Anche se una recente e molto ampia analisi (ha incrociato i risultati di cinquanta studi diversi) pubblicata sul prestigioso British Medical Journal ha “assolto” gli acidi grassi saturi dall’accusa di essere associati a un aumentato rischio di malattie cardiache, un’assunzione esagerata rimane comunque da evitare (cosa che del resto vale per qualsiasi altro nutriente). In pratica, considerando che i grassi nel loro complesso dovrebbero dare circa il 30% delle calorie giornaliere, quelli saturi dovrebbero fornirne circa il 10% (un terzo di tutte quelle che vengono dai grassi).

In questo quadro, l’olio di palma non comporta rischi diversi da quelli degli altri alimenti con un simile contenuto di grassi saturi (per esempio il burro). Peraltro, va tenuto presente che attualmente i consumi di grassi saturi in Italia sono solo di poco superiori a quanto consigliato (forniscono in media l’11% delle calorie quotidiane contro il 10% consigliato) e che su un totale di circa 28 g di grassi saturi assunti giornalmente con la dieta, meno di 5 g derivano da olio di palma. In pratica, oltre l’80% dei grassi saturi che ingeriamo ogni giorno proviene da altri alimenti…

Leggiamo spesso che la dieta “correttamente bilanciata” è importante. Cosa intendiamo per dieta “correttamente bilanciata”, nei bambini?

La SINU, Società Italiana di Nutrizione Umana, ha da poco aggiornato i LARN, cioè le tabelle che indicano quali sono i livelli di riferimento per l’assunzione dei diversi nutrienti (proteine, carboidrati, grassi, vitamine, minerali…) per la popolazione italiana. Le indicazioni sono chiare: nella dieta di ogni giorno devono essere presenti tutti i principali nutrienti calorici, e può stupire che la maggior parte delle calorie giornaliere debba essere fornita dai carboidrati (devono dare dal 45 al 60% del totale calorico) e dai grassi (dal 20 al 35%). La quota rimanente deve essere assicurata dalle proteine, senza dimenticare la necessità di introdurre anche fattori vitaminici, minerali, fibre e acqua, tutte sostanze che non danno calorie ma che sono assolutamente indispensabili per una vita sana.

Ecco: una dieta bilanciata è quella che, attraverso la varietà degli alimenti e le giuste quantità di consumo, riesce a garantire questa completezza nelle giuste proporzioni, tenendo presente che per i bambini la percentuale di grassi necessaria si situa su livelli un po’ più alti che per gli adulti. Purtroppo, sono molte le evidenze che indicano come la dieta odierna dei bambini non rispecchi generalmente un profilo di salute ottimale e le cause davvero importanti sono diverse: l’ancora scarso consumo di frutta e verdura, la disabitudine a una prima colazione adeguata, l’insufficiente idratazione, l’eccessiva assunzione di sale, l’esagerato consumo di proteine animali…

A maggio è uscita una valutazione dell’EFSA in merito a contaminanti presenti sia nell’olio di palma sia in altri oli vegetali e margarine. Servono altri studi, secondo la stessa EFSA, perché i dati non sono completi. Ma cosa ci può dire in merito?

Per prima cosa la ringrazio per aver inquadrato correttamente l’argomento con la sua domanda. Infatti, contrariamente a quanto presentato da molti media, l’oggetto dell’indagine e del successivo rapporto EFSA non è stato l’olio di palma in sé, ma la possibile tossicità di alcuni contaminanti che si possono formare in tutte le sostanze grasse in seguito a trattamenti cui vengono sottoposte.

Nello specifico, 3-MCPD, 2-MCPD e GE, i tre contaminanti studiati, si possono formare nelle fasi che avvengono ad alte temperature nella raffinazione di oli e grassi (per l’olio di palma è particolarmente delicata la fase di deodorizzazione). Assodato che non è l’olio di palma in sé, così come nessun altro degli oli considerati, ad essere nocivo, ciò che bisogna evitare è che durante la lavorazione si formino queste sostanze: è la loro presenza eccessiva a poter costituire un rischio per il consumatore.

Peraltro, nel suo rapporto EFSA stessa sottolinea come negli ultimi 5 anni la presenza del contaminante GE nell’olio di palma si sia addirittura dimezzata, grazie a una serie di studi e azioni messe volontariamente in atto dalle aziende produttrici. E la ricerca in questo senso prosegue costantemente. Alla luce di tutto questo, senza minimizzare l’importanza di tutto ciò che attiene alla sicurezza alimentare, non mi pare che si possano ravvisare motivi di particolare preoccupazione legati al parere emerso da EFSA rispetto all’olio di palma, e colpisce in effetti come l’Italia sia l’unico paese nel quale al parere sia stato dato tanto clamore mediatico.

A questo proposito, dispiace che da noi il rapporto di EFSA sia stato così mal presentato, al punto da spingere anche l’AIRC a intervenire sull’argomento olio di palma per riportare i termini del dibattito sui binari della verità scientifica e del buon senso, lasciando perdere approcci di tipo sensazionalistico volti a suscitare paure incontrollate. In sostanza l’AIRC sottolinea, con riferimento allo studio di EFSA, come questo evidenzi che la presenza di contaminanti riguardi tutte le sostanze grasse e dipenda molto dalle condizioni di lavorazione (in particolare dalle temperature raggiunte) ed evidenzia come l’EFSA non chieda in alcun modo il bando dell’olio di palma perché è difficile che concentrazioni pericolose siano raggiunte con la normale alimentazione.

Sulla base della sua esperienza, ha senso l’operazione di rimozione dell’olio di palma nei prodotti da parte di alcuni marchi italiani? In altre parole, ha senso applicare il cosiddetto “principio di precauzione”, per quanto riguarda l’olio di palma? O si tratta di un’operazione commerciale per intercettare i consumatori potenzialmente “allarmati”?

La diffusione dell’olio di palma è legata alle sue caratteristiche che coniugano bene le esigenze di sicurezza e qualità dei consumatori con quelle di lavorabilità, versatilità, resistenza alle temperature e all’ossidazione che sono richieste a un grasso destinato all’industria alimentare.

Di fatto è anche grazie ai progressi nell’uso dell’olio di palma che si sono praticamente abbandonati i grassi idrogenati. Detto questo, utilizzare altri grassi in sua sostituzione ha senso a mio avviso solo quando ciò permetta di ottenere prodotti migliori e ugualmente sicuri, tenendo presente anche la sostenibilità. Un insieme di condizioni che è tutt’altro che facile da realizzare.
Invocare poi il “principio di precauzione” a proposito dell’uso dell’olio di palma è assolutamente fuori luogo, ed è difficile non pensare che chi l’ha fatto abbia voluto sfruttare il clima di immotivato allarme che si è creato attorno a questo ingrediente.

Non entro naturalmente nel merito della legittimità della scelta che hanno fatto molte aziende italiane come conseguenza di una spinta mediatica fortissima: devono vendere i loro prodotti per poter sopravvivere, e in questo momento la scelta di abbandonare l’olio di palma in risposta a una richiesta del mercato, unita alla decisione di comunicarla come una decisione virtuosa, costituisce una leva molto forte per orientare gli acquisti. A questo proposito voglio dire che pur non condividendo la sua scelta, ho comunque apprezzato l’onestà di una multinazionale che produce alimenti per l’infanzia nell’ammettere candidamente (addirittura facendone uno slogan) di aver abbandonato l’olio di palma solo per far contente le mamme e non perché non fosse sicuro.

Detto questo, perfettamente consapevole che non è la presenza o meno dell’olio di palma a determinare la salubrità, la sicurezza e la qualità di un alimento, essendomi molto impegnato e continuando a impegnarmi per la difesa e l’educazione dei consumatori, considero la decisione di eliminare l’olio di palma come una vittoria del mercato e una sconfitta della ragione, e ne sono sinceramente preoccupato.

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Infine: quali sono i suoi consigli per la dieta dei nostri figli, piccoli e grandi?

Come esperto che si occupa da molti anni di educazione alimentare, oltre che come padre di due figli, il primo consiglio che do è quello di non lasciarsi suggestionare dagli slogan gridati e dai messaggi semplicistici, negativi o positivi che siano, ma di utilizzare la propria testa, il buon senso e la propria sensibilità per aiutare i bambini a impostare un rapporto sano con il cibo.

I dati dell’indagine OKkio alla salute condotta dal Ministero della Salute indicano che circa un bambino su tre, tra gli otto e i nove anni, nel nostro paese è in sovrappeso od obeso, e le cause di questa situazione sono prima di tutto nella dieta complessivamente scorretta e sbilanciata, e nella mancanza di attività fisica.

Venendo a qualche consiglio pratico, per quanto riguarda i più piccoli si è visto che l’alimentazione nei primi mille giorni di vita (considerati già dal concepimento) gioca un ruolo determinante per la salute futura anche nell’età adulta; un errore molto diffuso dal quale guardarsi è quello di somministrare nel periodo dello svezzamento una quantità eccessiva di proteine: credendo di favorire la crescita si creano invece i presupposti per una maggior tendenza al sovrappeso.

Considerando poi il periodo post svezzamento, il 5 diventa un numero “magico”: devono essere 5 i pasti della giornata – colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena (saltare la colazione o attribuirle poca importanza è un errore grave) – e 5 le porzioni di frutta e verdura da consumare ogni giorno, scegliendo possibilmente prodotti di stagione (meglio se biologici o di lotta integrata) e di colori diversi.

Ancora, un consiglio che ci tengo a fornire riguarda l’acqua: i bambini in genere bevono troppo poco e questo impedisce loro di esprimere il massimo potenziale di benessere. L’acqua è la miglior bevanda e non bisogna aspettare la sete per proporla ai nostri figli (senza comunque forzarli a bere controvoglia).

Infine, non dimentichiamo che la cura dell’alimentazione va sempre inquadrata nel contesto di uno stile di vita che deve mettere in primo piano l’attività fisica e il gioco di movimento. oltre che un clima generale di serenità che faciliti la socializzazione.

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