Cronaca
Mamme da legare: Parlare con un muro e parlare con un bambino: a volte non ci sono differenze
A volte, parlare con un muro mi dà più soddisfazione.
“Tesoro, quando finisci facciamo la doccia. Sì, dicevo… Dopo facciamo la doccia. Ci sei?” Sì, è solo che non mi sente. Troppo concentrata sulle sue cose. “Amoreeeeee?” “Eh? Sì, perché urli? Non sono mica sorda”. Lingua lunga, per avere quattro anni. Mi piace, ero così anche io.
Una volta assodato che le abbiamo insegnato che non rispondere è cattiva educazione, e una volta che le abbiamo fatto notare che anche lei detesta quando noi non le rispondiamo (ma può capitare, quando si mitragliano parole con frequenza disumana come fa lei), non resta che una soluzione: non ci sente. Non nel senso che non sente, anche perché dopo una brutta otite ha fatto tutte le prove audiometriche possibili e ci sente meglio di noi, ma nel senso che non sente noi. Presa dai suoi giochi, dalle sue occupazioni, esclude le frequenze delle nostre voci. Non le interessiamo.
Così, mi ritrovo a ripeterle le cose mille volte, quando è intenta a fare qualcosa di interessante. Alle volte, per la verità, fa finta di non sentirmi quando le chiedo qualcosa, ma me ne accorgo subito perché sorride o addirittura sghignazza. Non è una brava attrice. Infatti, nei suggerimenti da scrivere nel modulo di valutazione dell’asilo, anche quest’anno scriverò “corso di teatro”. Se deve prendermi in giro, che almeno lo faccia bene.
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